Nell’incontro tenutosi oggi al Ministero dello Sviluppo economico, Bosch ha riepilogato la situazione produttiva e occupazionale dello stabilimento di Bari, celebre per aver inventato il Common Rail e che oggi conta ben 1.700 dipendenti e 248 milioni di euro di fatturato. La produzione è ancora in gran parte incentrata su due pompe per motori di automobili ad alimentazione diesel, ma è iniziato un processo di diversificazione suggellato con l’accordo sindacale del 2017, grazie al quale sono arrivati ulteriori 7 prodotti non legati al diesel. Tuttavia i componenti non diesel, fra cui spicca la e-bike, producono una quota relativamente modesta di ore lavoro, occupano appena 350 persone, a cui si aggiungeranno altri 100 nel prossimo futuro. La perdita progressiva di quote di mercato del diesel, fino alla messa al bando del motore endotermico imposta dalla UE entro il 2035, genera dunque esuberi crescenti non compensati dalle azioni di diversificazione realizzate fino ad ora.
La Direzione aziendale ha ripetuto che Bosch non ha intenzione di chiudere, ma da una parte non ha chiarito quale possa essere la futura missione industriale e dall’altra ha rimarcato la necessità di guadagnare competitività, sia abbattendo i costi, in particolare quelli della energia e dei trasporti, sia mantenendo la massima flessibilità. Inoltre ha sottolineato che perfino a parità di volumi produttivi di per sé l’elettrificazione comporta una forte riduzione dell’occupazione per ragioni tecniche di processo. A loro detta il diesel deve restare uno dei due pilastri del futuro, ma il processo di diversificazione deve proseguire. Più in particolare nel programma esposto oggi il diesel nel 2027 dovrebbe passare dall’80% del portafoglio dello stabilimento al 67%, mentre le produzioni non legate al diesel dal 20% al 33%.
Come sindacato abbiamo espresso forte preoccupazione perché il processo di diversificazione non sta compensando le perdite del diesel e soprattutto manca una chiara visione del futuro al di là delle dichiarazioni di principio. Positiva la collaborazione avviata con il CVIT, che va nella direzione più volta chiesta dal sindacato di creare un collettore tra la ricerca e sviluppo e la produzione. Alla multinazionale chiediamo una nuova missione produttiva e al Governo di stanziare le risorse del PNRR per favorire una riconversione connessa alla transizione energetica. Il tavolo al Mise deve trovare soluzioni concrete in un accordo quadro che preveda strumenti di tutela dell’occupazione, formazione per tutti i prossimi 5 anni.
Chiediamo ammortizzatori sociali straordinari di settore come politiche di investimento specifiche per l’intero settore. Si pongono poi per Bosch come per le altre imprese alcuni nodi di competitività che sono stati giustamente sottolineati: dobbiamo urgentemente abbattere i differenziali di costo di sistema rispetto almeno agli altri Stati europei. La questione del costo della energia è emblematico e corre il rischio di travolgere gran parte della nostra industria. Come sindacato siamo pronti a fare la nostra parte, ma solo a patto che si costruisca un futuro per le lavoratrici e i lavoratori dello stabilimento di Bari che da anni soffrono gli effetti della crisi produttiva e occupazionale.
Il Ministero dello Sviluppo economico si è impegnato a riconvocare le Parti dopo aver verificato anche la utilizzabilità delle risorse del PNRR. A tal proposito peraltro registriamo la disponibilità della Regione Puglia a contribuire anche attraverso un possibile Contratto di Sviluppo. Ma come sindacato rivendichiamo un impegno concreto per il settore automotive giacché gli strumenti attuali sono inadeguati ad affrontare la transizione ecologica.
Roma, 22 marzo 2022 Uffici stampa Fim Fiom Uilm UglM
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