”L’incontro in video-conferenza tra i vertici di JSW e il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha avuto un esito apparentemente positivo. L’imprenditore indiano si è impegnato a presentare un nuovo Piano Industriale entro 15 giorni, il 12 giugno è stato convocato un incontro al Mise e ci auguriamo che in quella data venga presentato il cosiddetto nuovo piano industriale”. Lo dichiarano in una nota congiunta il segretario nazionale Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, e il vice segretario nazionale con delega alla siderurgia Ugl Metalmeccanici, Daniele Francescangeli. ”Il ministro Patuanelli – riferiscono – ha dichiarato che Piombino rientra in un progetto del Governo per una nuova ed ecosostenibile siderurgia in Italia. Si è parlato anche di un ruolo attivo dello Stato, con investimenti per la continuità produttiva e l’ammodernamento degli impianti. Ma bisogna essere molto cauti e stare con i piedi per terra. Aspettiamo di leggere il piano industriale ed il nuovo accordo di programma. Negli ultimi anni siamo stati abituati a sentire ed a leggere ogni tipo di promessa e progetti mirabolanti per le acciaierie di Piombino”. “Si sono susseguiti vari imprenditori – proseguono i due sindacalisti – che si sono presentati alla città con progetti faraonici che poi si sono concretizzati nel nulla assoluto o sono stati cacciati senza tanti complimenti come è successo al magnate tunisino Rebrab. Se lo Stato è davvero intenzionato a immettere liquidità nell’Azienda, attraverso Cassa Depositi e Prestiti o con altre forme di finanziamento, lo deve fare per un solo obiettivo, che non deve essere quello di dare semplicemente dei soldi all’Azienda, ma di fare rientrare al lavoro migliaia di lavoratori che sono in cassa integrazione da ormai quasi 6 anni”.
” E dare nuovo ossigeno ad altre centinaia dell’indotto, un indotto che contava molte Aziende e tantissimi lavoratori che, nel silenzio quasi assoluto, hanno terminato qualsiasi tipo di ammortizzatore o sussidio e sono andati ad accrescere il numero dei disoccupati di un territorio già Sin e area di crisi complessa”, dicono Spera e Francescangeli. ”Tra le pochissime aziende dell’indotto che ancora operano nell’Azienda, ci sono ditte di pulizie o di ristorazione, nella quasi totalità con lavoratrici, donne spesso monoreddito, che sopravvivono o in cassa integrazione o con redditi molto bassi, che in questa emergenza Covid, con le loro attività hanno svolto un ruolo fondamentale. Per non parlare delle condizioni precarie in cui oggi si lavora nell’Azienda, sia dal punto di vista salariale, che da quello della sicurezza e della manutenzione degli impianti. Strutture vecchie, fatiscenti, che hanno urgente necessità di essere riammodernate. Alcuni impianti vanno demoliti, smantellati e i terreni bonificati. Se lo Stato vuole davvero avere un “ruolo attivo” dovrà farsi carico di tutte queste problematiche, economiche, ambientali e sociali”, concludono.
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